PRESENTAZIONE
«Ho l’impressione
che i racconti di Centuria siano un po' come i romanzi
cui sia stata tolta tutta l’aria. Ecco:
vuole una mia definizione del romanzo? Quaranta righe più due
metri cubi d’aria. Io ho lasciato solo le quaranta righe: oltretutto
occupano meno spazio, e lei sa bene che con i libri lo spazio è sempre
un problema enorme».
Questa citazione di Giorgio Manganelli,
Paolo della Bella ce l’ha scolpita in testa e l’accompagna
da molto tempo in tutte le sue elucubrazioni artistiche; per lui, non
a caso amante dei racconti più che dei romanzi, togliere l’aria
non vuol dire necessariamente togliere il superfluo, convinto com’è che
esista anche un superfluo necessario. Manganelli, sostiene della Bella
con inconsueta risolutezza, ha tolto sì l’aria, ma solo
quella cattiva: l’aria che asfissia… il lettore! Perché allora
non “usarli” questi racconti fatti di sola aria balsamica,
si è detto; e, proprio come Manganelli, si è imposto il
formato (22x31,7). «Avevo per caso molti fogli da macchina leggermente
più grandi del normale, – è sempre Manganelli che
parla – e mi è venuta la tentazione di scrivere sequenze
narrative che in ogni caso non superassero la misura di un foglio: è un
po’ il mito del sonetto, cioè di una struttura rigida e
vessatoria con la quale lo scrittore deve necessariamente misurarsi.
Ma il fascino è tutto qui: in un tipo di scrittura che ti obbliga
all’essenziale, che ti costringe a combattere contro l’espansione
incontrollata. Insomma credo che se non avessi avuto quei fogli non
sarei mai riuscito a scrivere questo libro».
Cento disegni per Centuria. Questa
mostra non nasce per caso, anche se il caso gioca la sua parte, come
direbbe Dubuffet; l’idea di farsi trascinare dai racconti di questo
splendido libro, pieno di stimoli, di sollecitazioni e provocazioni,
era troppo seducente e lusinghiera per un disegnatore, anch’esso
anomalo, paradossale e, perché no, oserei dire manganelliano.
Paolo della Bella non ha e non ha voluto illustrare i racconti, è un
compito che non gli compete, lui non rappresenta, ma interpreta. D’altra
parte non si trattava di fare un’operazione editoriale, che so
un “libro parallelo” bensì una mostra, anche se una
mostra di disegni tratti o ispirati da un libro di racconti assurdi,
surreali, fantastici; scritti da «uno scrittore che non assomiglia
a nessun altro, inconfondibile in ogni sua frase, un inventore inesauribile
e irresistibile nel gioco del linguaggio e delle idee», come scrive
Italo Calvino nell’introduzione all’edizione francese
di Centuria datata
1985. Paolo della Bella che ha letto Manganelli, che lo ha “consultato”,
perché credo che Manganelli sia un autore anche da consultare,
ha per Centuria una venerazione particolare; questi cento
piccoli romanzi fiume lo hanno ispirato, guidato e “ossessionato” con
la loro verità menzognera, la loro stravagante bizzarria. Questi
disegni, altrettanto menzogneri e apparentemente incoerenti, rappresentano,
proprio come i racconti, la sintesi tra l’essenziale e la ricercatezza;
tra la spontaneità e la costrizione. Tuttavia, anche per la natura
stessa dei racconti, essi non hanno influito direttamente e/o necessariamente
sui disegni, ma si sono insinuati nella coscienza critica, nella personalità,
di questo curioso e stravagante artista. Egli ci racconta che dopo
aver letto, anni fa, e riletto, di recente, proprio per predisporsi
a questa impresa, Centuria, di averlo poi chiuso e, alla
maniera di Paul Klee (scusatelo forse si è lasciato un po’ prendere
la mano), ha «chiuso [anche] gli occhi per vedere»!
Carlo Tossi